Nel volume La società della trasparenza (2014), il filosofo sudcoreano Byung Chul Han prende di nuovo a riferimento la metafora panottica di Michel Foucault per sviluppare il concetto del panottico digitale. Il termine indica una nuova forma di visibilità totale che permette di vedere ogni cosa, a cominciare dalla vita privata dei singoli individui, attraverso i media elettronici. Il fenomeno coinvolge i social network e software di Google – Earth, Maps, Glass e Street View – e YouTube.
L’iperconnessa Corea del Sud dispone della rete Internet più veloce al mondo ed è il laboratorio più ardito della società della trasparenza, convertitasi in una specie di “Terra santa” dell’uomo digitale, il cui cellulare è un’estensione della mano da cui “esplora” il mondo.
Il controllo panottico della società disciplinare si fondava sulla prospettiva lineare dell’osservazione da una torre centrale. I prigionieri non vedevano i loro simili – e non distinguevano nemmeno il guardiano – e avrebbero preferito non essere osservati al fine di mantenere un minimo di libertà. In compenso, il panottico digitale perde il suo carattere prospettico: nella matrice cibernetica tutti vedono gli altri e si mettono in mostra per essere visti. Il punto unico di controllo dell’osservazione analogica scompare: ora si osserva da ogni angolo. Il controllo, tuttavia, permane – in altra forma – e sarebbe ancora più efficace. Ogni individuo, infatti, offre agli altri la possibilità di vedere la sua vita privata, determinando una sorveglianza reciproca. Questa visione totale “degrada la società trasparente fino a trasformarla in una società di controllo. Ognuno controlla qualcun altro”, ha scritto il filosofo.
[…] Il saggio La società della trasparenza si conclude con l'affermazione che il mondo è strutturato come un grande panottico dove non c'è alcun muro a separare l'interno dall'esterno.